Santa Maria dei Servi è un'antica basilica della città di Bologna, si trova in Strada Maggiore al numero 43.
E' una delle chiese più belle e meglio conservata di Bologna. La sua costruzione iniziò nel 1346 con intendimenti modesti e nel 1836 iniziò l'ingrandimento per opera del frate Andrea Manfredi da Faenza. Probabilmente la costruzione nel 1386 fu progettata da Antonio di Vincenzo. Dal 1386 al 1396 furono costruiti i muri perimetrali della chiesa e i piloni delle navate; tutta fu ricoperta da un tetto provvisorio di legno. Tre absidi poligonali chiusero a levante la chiesa. Nel 1470 fu aggiunta l' attuale deambulatorio con tre cappelle raggianti. Il campanile fu finito nel 1455.Il portico è. Si rimane ammirati per la leggerezza delle colonnine e la novità architettonica. Il quadriportico antistante alla chiesa fu aggiunto, nello stesso stile, nel XIX secolo. L'edificio è tuttora adibito alle funzioni religiose.
Al davanti è preceduta da un quadriportico sostenuto da eleganti colonnette marmoree. La chiesa ha impianto basilicale a tre navate. Le volte a crocera presentano costoloni in cotto e sono sorrette da archi acuti in mattoni, tipici del gotico. Pure l'abside è decorata in cotto.
Tra le opere d'arte, bisogna citare: la Beata Vergine in trono di Cimabue, la pala in marmo dell'Annunciazione di Maria di Michelangelo Montorsoli (1558), alcune tracce degli affreschi di metà '300 di Vitale da Bologna, e numerosi altri preziosi dipinti.
Nella chiesa si tengono spesso, e costantemente durante tutto l'anno, concerti di musica classica di elevata qualità.
Tra i capolavori esposti si trova la Maestà di Cimabue e opere di Lippo di Dalmasio, A. Tiarini, U. Gandolfi, A. Piò. Alla chiesa è annesso il convento nel quale è possibile visionare dipinti e affreschi: si racconta che il San Carlo Borromeo e Angeli fu dipinto da Guido Reni nello spazio di una notte e con la sola luce delle candele.
Preceduta da un arioso quadriportico, sorretto da agili colonne in marmo, iniziato nel 1393 sul fianco della chiesa e completato sul sagrato nel XVI e nel XIX secolo, la Basilica di Santa Maria dei Servi spicca per la sua superba tessitura gotica, particolarmente notevole nella parte absidale ravvivata da caldi ornati in cotto.
L’interno della basilica conserva opere che consentono per varietà e ricchezza una panoramica sulla cultura artistica bolognese.
Il medioevo è rappresentato dalla Maestà di Cimabue , tra le emergenze artistiche più rilevanti della città. La tavola, donata dalla famiglia Pepoli nel 1345, fu realizzata intorno al 1285 forse con aiuti di Duccio di Buoninsegna, allievo di Cimabue come lo stesso Giotto. La grande tavola segna la differenza tra l’arte toscana pregiottesca, più aulica, e la pittura bolognese del ‘300, all’insegna del naturalismo che si legge nei brani di affresco di Vitale da Bologna rinvenuti nella crociera corrispondente al campanile. A metà strada tra naturalismo bolognese e pittura toscana è invece il polittico di Lippo di Dalmasio, che fu attivo a Bologna e a Pistoia. Ancora al naturalismo bolognese rimanda la terracotta policroma dello scultore Vincenzo Onofri (Natività,1503 ), dove affiora un sentimento popolare che rievoca le emozioni della sacra rappresentazione. Nel 1507, dopo la cacciata dei Bentivoglio, Bologna passa sotto il controllo della chiesa. Più forti diventano i rapporti con la cultura di Roma che, nel XVI secolo, esprime le grandi personalità di Raffaello e Michelangelo. A Raffaello guarda Innocenzo da Imola, autore dell’ Annunciazione racchiusa da un’ancona del Formigine, mentre a un allievo di Michelangelo, Giovan Angelo Montorsoli, si deve lo splendido altare maggiore marmoreo realizzato tra il 1558 e il’61.
La centralità di Bologna nel farsi mediatrice della cultura centroitaliana nei confronti di numerosi artisti stranieri diretti alla capitale è poi rappresentata dalla grande pala con il Paradiso del fiammingo Denis Calvart di Anversa, dove si incrociano echi michelangioleschi.
Dopo il ‘500, il ‘600 vede il primato di Bologna nel classicismo europeo grazie anche a Guido Reni, rappresentato ai Servi dagli affreschi della cappella dall’Armi, poi trasferiti nel convento (San Carlo Borromeo e due angeli ). Un aneddoto è collegato a queste pitture. Malvasia racconta infatti che furono eseguite nel 1613, in una sola notte e a lume di torcia, dal Reni al suo ritorno da Roma, dove aveva visto le opere di Rubens alla Chiesa Nuova. In realtà, i restauri hanno individuato tre giorni di lavoro o più esattamente tre notti, come induce a ritenere il lume notturno del sottinsù degli angeli, illuminati probabilmente da una torcia nelle ore che il pittore, velocissimo, sottraeva al riposo.
Ancora al classicismo bolognese del ‘600 rimandano due grandi tele: Noli me tangere e Martirio di S.Andrea, opere della tarda maturità di Francesco Albani, mentre il Settecento è rappresentato, dietro l’altare, dalla pala con la Madonna che porge l’abito ai Sette Santi fondatori dell’ordine,, di Giuseppe Maria Crespi, che costò ai Serviti centinaia di messe da celebrare per l’artista e la sua famiglia.
Tramanda una storia particolarissima il Crocefisso, forse eseguito su disegno del Giambologna con carte da gioco raccolte da giocatori convertiti da un predicatore, per farne un presidio contro il vizio dilagante, che rovinava le finanze dei bolognesi.
Da ultimo, merita menzione il complesso architettonico del convento e dei chiostri, apprezzato particolarmente nelle memorie di viaggio sei settecentesche. Sede attuale della Regione Carabinieri, conserva affreschi di Gabriele Ferrantini, Aureliano Milani, Agostino Mitelli, Giovanni Maria e Domenico Viani, Carlo Cignani.